Quelli che Solidarietà n° 3 maggio-giugno 2012 (pag. 8)

C’è un interrogativo che da tempo serpeggia all’interno di “Italia-Nicaragua”, ma che in questi ultimi mesi, anche alla luce delle vicende di casa nostra, si è fatto più stringente: se questa Associazione abbia portato a compimento il suo ciclo vitale.
In genere alle stagioni più intense seguono quelle più tenui e infine il declino. Niente va tenuto in vita per forza.
A noi sembra che della solidarietà internazionale ce ne sia bisogno più che mai, basta guardarsi intorno.
Già il XIX secolo, aveva posto tre questioni fondamentali, (per coloro che difendevano gli oppressi): la questione democratica, la questione sociale e la questione della solidarietà internazionale. Queste tre questioni sono ancora attuali, e per noi, è evidente, che il problema della disuguaglianza non va più declinato in chiave nazionale, ma ripensato a livello globale: non è più accettabile che si consideri politicamente rilevanti (e in quanto tali oggetto di lotte sociali e politiche) sole le disuguaglianze all’interno dello Stato, e lasciando a una sorta di fatalità quella al di là dei nostri confini. Significa lasciare alle forze non democratiche, se non addirittura antidemocratiche, campo libero per costruire il nuovo ordine mondiale, basato sulla guerra.
Questa abitudine a vedere il nostro Paese (dal 1991 in poi) coinvolto in operazioni militari iscrive la guerra nell’orizzonte ordinario della vita. La banalizza. Da più di 20 anni l’Italia è una vera piattaforma di guerra. E neppure ci scandalizziamo. Abbiamo metabolizzato la necessità delle operazioni militari oltre confine. Continuare a sostenere in modo bipartisan come fa l’Italia, le guerre “umanitarie”, e in aperto disprezzo della nostra Costituzione che bandisce la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti internazionali, non è pazzia ma “Sostegno agli obblighi internazionali” ci ricorda incredibilmente un giorno sì e un giorno no addirittura il Presidente della Repubblica che sulla Costituzione dovrebbe vigilare. Così come impegnare, nell’epoca della scure dei tagli sociali, almeno dieci miliardi di euro per acquistare ben 91 cacciabombardiere F-35 non è demenza ma “adeguamento e ammodernamento della nostra difesa”, sostiene il ministro-generale Di Paola. <<È la guerra, che si vuole corollario indispensabile alla crisi di questo modo di vivere, produrre e consumare, che è la vera follia. Con la logica da Rambo, che fa piangere gli italiani solo quando gli "indiani", come in Nigeria, siamo noi. E la sinistra in Italia "non esiste più", come ricordava Luigi Pintor, proprio a partire dall'adesione alla guerra" (Tommaso Di Francesco). Semplificheremo anche troppe le cose, ma crediamo (non da oggi) che i rapporti tra i popoli possono esseri basati sulla solidarietà; questa espressione "ternura" che tante volte abbiamo citato. È vero che anche nel nostro Paese la fascia della povertà è destinata inesorabilmente ad allagarsi. "Qualcuno dirà che prima di tutto bisogna pensare ai vicini, che anche qui da noi i bisogni essenziali sono diventati diffusi e crescenti. Che molte persone e famiglie italiane vedono minacciati i diritti di base. È tutto vero. Ma non basta. Certo, continueremo a farci interpellare dai vicini e dai lontani. Ma non possiamo rinunciare alla sfida di mantenere viva la solidarietà internazionale. Sarà una vera sfida. La crisi attuale non può soffocare il respiro grande di chi guarda lontano" (Giuseppe Florio). Per noi, la solidarietà internazionale rappresenta qualcosa di più di una affermazione formale, vuol dire che la loro lotta è la nostra lotta, rappresenta la base ineliminabile del funzionamento minimo dell’umano, quello che "gira" a prescindere dal pil, dallo spread, dal crash e dal mibtel. La solidarietà fa parte di quelle cose che non possiamo permetterci di perdere, senza perdere nel contempo anche la nostra umanità. Ed è per questo che nell’origine della nostra storia, con l’appoggio incondizionato alla rivoluzione sandinista, crediamo di vedere ancora una vita futura, nonostante i tempi brutali per tutti. Ed è per questo che cerchiamo faticosamente di mantenere un minimo di informazione su quanto avviene in Nicaragua e sul Centroamerica; il cortile di casa degli Stati Uniti, colonia per le multinazionali (come quelle della frutta, con il loro uso in dose massicce di pesticidi); popoli che si vuole a sovranità limitata. Purtroppo, certi Paesi sono per i mass-media come un medicinale scaduto per una farmacia: un prodotto inutile, da togliere dalla circolazione. Al massimo gli dedicano un trafiletto per commemorare un evento catastrofico o raccontare un dramma. È stato così per l'Honduras, per gli italiani è solo un’isola, quella dei famosi. Ci sono voluti più di 350 morti bruciati nell’incendio in carcere, quello di Comayagua, perché almeno per un giorno qualche quotidiano gli dedicasse un pò di attenzione. Giusto un pò. Ed è per questo che siamo di parte, certo, ma forse non dalla parte sbagliata.