TEMPI PRESENTI – Ottobre 2023

Articolo 1 comma 1 Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo: “Tutti li esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli unii verso gli altri in spirito di fratellanza”. Lo stesso “spirito di fratellanza” che abbiamo visto naufragare nelle foto dell’orrore di questa estate. I cadaveri di uomini, donne e bambini morti di fame e di sete in pieno deserto al confine tra Tunisia e Libia per abbandono e respingimento in pieno Sahara – vittime scacciate da poliziotti tunisini – autentiche prove del “migranticidio” in corso. Migranticidio, un neologismo creato da un gruppo di giuristi per illustrare e inquadrare il crimine in corso. Un crimine internazionale, strutturale, di sistema, perché frutto di precise scelte ma che si vuole nascondere dietro la narrazione della cosiddetta “lotta a scafisti e trafficanti”. Queste espulsioni collettive oltre confine, ordinate dal governo tunisino, sono i diretti, immediati effetti del Memorandum d’intesa tra la Tunisia e l’Unione europea. L’interesse, dietro i volti sorridenti e fieri di Ursula von der Leyen e Meloni, alla fine è uno solo: ricacciare i migranti del Mediterraneo, costi quel che costi. Si tratta di una storia già vista con la Turchia e la Libia. L’Italia e l’Unione europea sono i veri, diretti mandanti, visto che stipulano “accordi” con paesi detti “terzi” a cui si appaltano il controllo, l’esternalizzazione delle frontiere con l’obiettivo di respingere i migranti prima che approdino in Europa. A tutti i costi, facendoli agonizzare nel deserto o sparire nel Mediterraneo come si verifica ormai da 10 anni con numerosissimi naufragi. Respingimenti illegali, annegamenti, naufragi, porti di sbarco a miglia di distanza, nel Mediterraneo regna il caos mentre i migranti muoiono. Profughi ai quali vengono totalmente cancellate la dimensione umana e il diritto alla vita, come se la morte fosse sanzione del tentativo di fuga ed alla fine uno dei tanti strumenti, il più terribile, di dissuasione delle partenze e di contenimento della mobilità migratoria. Tale strategia produce morti invisibili, (devono restare sotto il mare: di voi non ce ne frega nulla, potete anche crepare, non vi aiuteremo; valete  più da morti che da vivi), propaga nella nostra società veleno (le vie del razzismo sono infinite) e sempre maggiore indifferenza. Sembriamo condannati ad un cupo futuro nel quale gli egoismi e la cattiveria di regime, la nuova ragione di Stato, prevalgono sulla solidarietà e sulla coesione sociale. La maggioranza sembra quasi anestetizzata, rassegnata, incapace di scatenare una presa di coscienza civile collettiva su quanto sta avvenendo, giorno per giorno, su tutti i confini europei in un arco di barbarie che va dai Balcani all’Africa Occidentale.

Poteva accadere. / Doveva accadere. / È accaduto prima. Dopo. / Più vicino. Più lontano. / È accaduto non a te. / Ti sei salvato perché eri il primo. / Ti sei salvato perché eri l’ultimo. / Perché da solo. Perché la gente. / Perché a sinistra. Perché a destra. / Perché la pioggia. / Perché un’ombra. / Perché splendeva il sole. / Per fortuna là c’era un bosco. / Per fortuna non c’erano alberi. / Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno, / un telaio, una curva, un millimetro, un secondo. / Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio. / In seguito a, poiché, eppure, malgrado. / Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba, / a un passo, a un pelo / da una coincidenza. / Dunque ci sei ? / Diritto dall’animo ancora socchiuso? / La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì? / Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo. / Ascolta, / come mi batte forte il tuo cuore” (Wislawa Szymborska, poetessa e saggista polacca. Premio Nobel nel 1996). Ricordiamo che basterebbero due semplici provvedimenti per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitù in Italia: riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro; riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese. Inoltre intervenire contro il colonialismo economico e culturale: “Occorre porre termine ad ogni politica di dominio nelle relazioni fra i popoli, facendo cessare ogni politica coloniale, che si eserciti attraverso il dominio militare e la guerra, i trattati commerciali o di investimento, lo sfruttamento delle persone, del vivente e della casa comune. Non possiamo più accettare che i nostri livelli di consumi, si reggano sullo sfruttamento delle risorse di altri Paesi e su rapporti di scambio scandalosamente ineguali, né l’esistenza di alleanze militari che hanno l’obiettivo del controllo e sfruttamento di aree strategiche e delle loro risorse” (il manifesto per la Società della cura). 

Sotto la spinta del razzismo istituzionale, la nostra resta una società sempre pronta a sostituire un bersaglio, il capro espiatorio, con un altro o a inventarseli; nessuno è al sicuro, ricordiamoci di quello che abbiamo letto e sentito, prima che ci fossero abbastanza africani con cui prendersela, sui rumeni, sugli albanesi, sui polacchi petulanti pulitori di vetri. Ricordiamoci le leggi razziste di cui sono figli e nipoti gli allarmisti odierni della “sostituzione etnica”. E ricordiamoci le preziose parole di Primo Levi: “Non iniziò con le camere a gas. Non iniziò con i forni crematori. Non iniziò con i campi di concentramento e di sterminio. Non iniziò con i sei milioni di ebrei che persero la vita. E non iniziò nemmeno con gli altri dieci milioni di persone morte… Iniziò con i politici che dividevano le persone tra “noi” e “loro”. Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione… Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto fosse “normale”.

I “buoni propositi” durante la pandemia del 2020, in tanti abbiamo pensato che nulla sarebbe stato come prima una volta che l’intero Paese si fosse reso conto della fragilità del nostro sistema sanitario  e più in generale del welfare, sono durati giusto il tempo di un applauso dal balcone. La cruda realtà è che siamo “usciti” dal Covid-19 tutti, se non tutti certamente in moltissimi, più cattivi, più egoisti, più narcisisti, più asociali, senza memoria e forse anche per questo ci ritroviamo con il “grandioso” governo uscito un anno fa dalle consultazioni elettorali; un governo, appunto che ha una grande capacità di trasformare la storia a proprio piacimento, un governo dove sembrano emergere l’ignoranza, l’arroganza, la disumanità, il disinteresse per le classi meno abbienti, con nuovi miliardi per la sanità privata (quella che durante la pandemia non ha fatto assolutamente nulla!), o per opere sponsorizzate da megalomani che credono di legare così il loro nome a qualcosa di imperitura memoria (vedi il ponte sullo sterro di Messina). In pochi mesi, la presidente del consiglio italiana, un tempo definita “populista e “post-fascista”, si è guadagnata il brevetto europeo di rispettabilità, diventando un’interlocutrice seria e ragionevole. Appena insediatosi a palazzo Chigi, ha elaborato un bilancio di austerità e tagli alle spese sociali, così come richiesto da Bruxelles; quindi ha affermato il suo attaccamento alla Nato. Oggi non la si sente più criticare né l’Unione europea né la Nato, tanto che rispettando i due valori cardine: austerità e atlantismo, può continuare con il suo modello nazionalista ad agitare il fantasma della “grande sostituzione”, limitare l’accesso all’aborto, tentare di modificare la Costituzione in senso autoritario, mettere al passo i media e chiudere le istituzioni culturali. Luigi Pintor, nel suo libro “La signora Kirchgessner, affermava: “Si può essere pessimisti riguardo ai tempi e alle circostanze, riguardo alle sorti di un paese o di una classe, ma non si può essere pessimisti riguardo all’uomo”. Dato che il futuro o è intriso di pace e diritti, disarmo e solidarietà, o non è, dobbiamo continuare a scommettere sulla propria e altrui umanità, farne la vera posta in gioco proprio quando tutto sembra negarla.

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