19 LUGLIO: 44° ANNIVERSARIO DELLA RIVOLUZIONE POPOLARE SANDINISTA IN NICARAGUA

Per chi non era ancora nato … … …

Per chi ha condiviso il sogno ma ha dimenticato … … …

Per chi continua a considerare la solidarietà internazionale “tenerezza dei popoli”.

Mai, prima, in America Latina una rivoluzione è stata così vicina agli ideali libertari (con l’eccezione di alcuni aspetti della Rivoluzione messicana), e con tante similitudini con la Spagna pre-Guerra civile, quella delle comuni agricole, che cercava di cambiare non solo un governo o le sole condizioni economiche, ma i rapporti tra gli esseri umani, sognando l’avvento di quello che il sandinismo definiva El Hombre Nuevo, così come Durruti parlava del “mondo nuovo che ci portiamo nel cuore”. Ho conosciuto quel Nicaragua, e vedendo com’è ridotto oggi, rimpiango il molto che, allora, era ancora possibile fare. Era stato l’unico paese a mettere in discussione la “necessità del carcere”, trasformando le prigioni in fattorie aperte, gestite come cooperative dove i semi-detenuti si dividevano il ricavato dei lavori, e mi capitò spesso di vedere folti gruppi di “condannati” andare a fare il bagno nel Gran Lago, accompagnati da una sola guardia, e disarmata. Del resto, la prima misura presa dal “governo di ricostruzione” fu l’abolizione non solo della pena di morte, ma anche dell’ergastolo, introducendo misure che avrebbero comunque ridotto enormemente l’uso di celle e sbarre”. (Pino Cacucci “Un po’ per amore, un po’ per rabbia” Feltrinelli, ‘08). Facile giudicare con il senno del poi, certo. Resta il fatto che se al Nicaragua fosse stato lasciato il tempo di scegliere la propria strada, senza l’aggressione militare ed economia di cui è stato vittima, siamo convinti che il cammino del sandinismo sarebbe stato diverso, evitandogli le condizioni di sbandamento e le lotte intestine. E lo stesso sandinismo, avrà pur sbagliato per eccesso di ambizione ideologica e per difetto di realismo storico, a evocare la figura dell’uomo nuovo. Ma il bisogno era quello. Per noi, dell’Associazione italia-Nicaragua, rimane “la certezza che si possa sbagliare dalla parte giusta” senza che questo significhi affatto che “loro” avessero ragione.

19 LUGLIO. UN’OCCASIONE IMPORTANTE PER ADERIRE ALL’ASSOCUAZIONE ITALIA-NICARAGUA

“NICARAGUA: 19 luglio 1979, che la memoria non sia breve”.

Sono trascorsi più di 40 anni da quel 19 luglio 1979, giorno in cui in Nicaragua il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN) rovesciò la cinquantennale, sanguinaria dittatura di Somoza, restituendo al popolo una speranza di libertà e giustizia sociale. Fu una rivoluzione dal basso della quale fu protagonista un intero popolo, dai campesionos alle comunità cristiane di base (Iglesia popular); nel governo entrarono a far parte ben quattro sacerdoti cattolici (Miguel D’Escoto, ministro degli Esteri, Ernesto Cardenal, ministro della Cultura, Fernando Cardenal, ministro dell’Educazione e Edgar Parrales, ministro del Benessere Sociale) che per questo vennero prima rampognati e poi sospesi a divinis da quel “campione della libertà & della democrazia” che era papa Wojtila. Primo passo per quella alleanza “informale” tra il Vaticano e gli USA per combattere la “minaccia comunista” in Centroamerica; con  la chiesa ufficiale che prendeva le parti della controrivoluzione. In realtà, la rivoluzione sandinista fu una rivoluzione “anomala”, “diversa”: come primo atto venne abolita la pena di morte e l’ergastolo, e non ci furono rappresaglie contro i vinti, seppure autori di atrocità, si cercò di rieducare, di convincere, di reinserire gli antichi somozisti nella comunità nazionale. La conferma che la rivoluzione sandinista era caratterizzata dalla generosità. In base al programma delle “Tre erre: Rivoluzione, Ricostruzione, Riconciliazione” venne fatto un investimento massimo sull’alfabetizzazione e sulla cultura, per la prima volta sembrava che si potesse cambiare la storia senza il mito dell’uso della violenza. “Quella rivoluzione fu per alcuni anni la prova vivente che l’umanità poteva liberarsi dall’oppressione, cercare di non riprodurre la violenza e tentare di essere felice nella condivisione generosa del bene e dei beni. Fu poi schiacciata dai nemici dell’umanità, che ancora tengono sotto il tallone di ferro il mondo intero”. (Giobbe Santarbarbara).La fortissima partecipazione e condivisione popolare, il suo carattere “nonviolento” e non vendicativo, il nonallineamento in campo internazionale, l’investimento sull’alfabetizzazione come elemento principale di riscatto degli oppressi, furono aspetti di “novità” tali da poter innescare una propagazione di tale processo in tutta l’America Latina: questo rischio era del tutto insopportabile per gli Usa di Ronald Reagan, che “giustamente” ritennero “pericolosa” per la sua diversità e per la sua originalità la rivoluzione sandinista (molto più di quella di Cuba), attuando da subito un asfissiante boicottaggio economico e poi destinando milioni di dollari per armare forze controrivoluzionarie (la contra) stanziati nel confinate Honduras; inaugurando la cosiddetta “guerra di bassa intensità”. Quando il Congresso negò a Reagan i finanziamenti per proseguire la guerra, la CIA organizzò un traffico di cocaina da scambiare con armi e denaro. Lo scandalo Iran-Contras conquistò le prime pagine di tutti i giornali del mondo. “Il Nicaragua è pericoloso perché esporta un esempio… non si attacca il Nicaragua perché non è democratico ma affinché non lo sia”(Messaggio del Tribunale dei Popoli). “L’aggressione che subisce il Nicaragua non è diretta contro il paese, ma contro il suo messaggio storico. Non è diretta a conquistare le ricchezze materiali di questo popolo, che del resto non sono molte, ma a distruggere il suo patrimonio politico e spirituale, il suo progetto di vita e di avvenire” (Giulio Girardi). Non a caso, la politica di aggressione della Casa Bianca veniva nel 1986 condannata per “terrorismo di stato” dalla Corte Internazionale dell’Aja; anche se purtroppo questa condanna non aveva nessuna conseguenza sul piano politico internazionale. Così, mentre la rivoluzione sandinista sfidava gli Usa nel loro “cortile di casa”, l’intero istmo centroamericano entrava sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo: con la cruenta guerra di liberazione in El Salvador condotta dal Frente Farabundo Martì (Fmln) e quella in Guatemala dellUnidad Revolucionaria Nacional Guatemalteca (Urng). “Erano di fatto i peones delle piantagioni di caffè, cotone e canna da zucchero che si ribellavano dopo cinque secoli di sottomissione alle oligarchie della colonia spagnola. Con l’aggiunta (dalla fine dell’800) delle banane, merce che originò di fatto le prime multinazionali (statunitensi) della storia” (Gianni Beretta).

La formidabile controffensiva messa in campo dagli Stati Uniti (è forse il caso di ricordare il precedente degli scioperi dei camionisti finanziati dalla CIA nel Cile di Allende del 1973), ha minato fin dall’inizio il processo rivoluzionario sandinista, che poi, da parte sua, istituzionalizzandosi ha commesso degli errori (certamente costretto dalle circostanze a ad una conduzione emergenziale), fino all’imprevista sconfitta elettorale del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale nel febbraio 1990. La popolazione stremata dal perdurare della guerra, (smettendo clamorosamente i sondaggi della vigilia) aveva preferito votare per l’opposizione, la coalizione dell’Union Nacional Opositora, guidata da Violeta Chamorro e appoggiato dagli USA. “Del resto come avrebbe potuto essere altrimenti visto che l’insignificante Nicaragua si misurava allora con l’alleanza dei due uomini a quel tempo più potenti al mondo: Ronald Reagan e Karol Wojtyla? Con il papa venuto dalla Polonia ossessionato dal fare terra bruciata della (a suo dire) «sovversiva» Teología de la Liberación (ispirata al Concilio Vaticano II, che oggi papa Francesco cerca di riscattare); senza rendersi paradossalmente conto che in quel modo si stava convertendo nel primo complice della già avviata strategia Usa di penetrazione delle sette fondamentaliste nel sub continente più cattolico del pianeta?Ma quella traumatica sconfitta, nel segreto dell’urna, in realtà fu l’opera maestra della Rivoluzione Sandinista: che, perse le elezioni, consegnò il potere. Consolidando per la prima volta nella storia di questo paese un incipiente processo di democratizzazione” (Gianni Beretta). Quello che è successo negli anni successivi, dalla dolorosa divisione all’interno del FSLN, ai governi neoliberisti che si sono succeduti fino al ritorno al governo nel 2007 del FSLN (cristiano e sociale) di Daniel Ortega e la moglie Rosario Murillo, poi i dolorosi avvenimenti dell’aprile 2018, che hanno visto aspramente dividersi le poche persone rimaste legate alla solidarietà concreta con il popolo nicaraguese, tra chi urla alla dittatura “orteghista” e chi al “golpe USA” in una sorta di semplificazione (bianco-nero) che nasce dal rifiuto di confrontarsi con una complessità che non è solo nicaraguese, non è oggetto di questa breve riflessione. Crediamo che una “memoria” in questo 19 luglio, del Nicaragua 1979 andava fatta, anche perché riscosse molte simpatie, In Italia, In Europa e in tutto il mondo, ed anche molti appoggi economici, che purtroppo non durarono abbastanza. Con la consapevolezza di quanto sia difficile spiegare a chi è giovane oggi cosa è stata per noi la rivoluzione sandinista. Decine di migliaia di giovani da tutto il mondo andarono in Nicaragua attratti dalle utopie di una rivoluzione che si prefiggeva la creazione dell’Hombre Nuevo; basata sui principi di pluralismo politico, economia mista e non allineamento. Anche se la scommessa è stata persa e l’utopia svanita, crediamo sia importante raccontare e far conoscere a chi oggi pensa una possibile società alternativa, un tentativo rivoluzionario che ha avuto un profondo radicamento sociale, nonché un vasto consenso popolare, ed una delle più significative esperienze di “confluenza tra cristianesimo, marxismo e sandinismo” (Giulio Girardi), il cui intreccio ha prodotto storie e letterature straordinarie, pur se fragili e precarie come quei pescherecci schierati sulle coste nicaraguensi contro le potenti navi da guerra americane. Per noi dell’Associazione Italia-Nicaragua, rimane la certezza “che si possa sbagliare dalla parte giusta” senza che questo significhi affatto che “loro” avessero ragione.

Tuscania, 19 luglio 2023.

(Ringraziamo tutti quelli che hanno rinnovato la loro iscrizione, e a tutti quelli che mancano ancora all’appello non possiamo che rinnovare l’invito: tesseratevi!!! – Itanica Viterbo OdV)

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