Libri: Salvador, Il vangelo secondo gli insorti – Claudia Fanti

EL SALVADOR. IL VANGELO SECONDO GLI INSORTI.
MONSIGNOR ROMERO E I MOVIMENTI POPOLARI RIVOLUZIONARI
di Claudia Fanti.
Edizioni Sankara, 2007, pp. 143, euro 9,00
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El Salvador, 1974. Nella parrocchia della città di Suchitoto, diretta da padre Rutilio Sanchez, un contadino si inginocchia al confessionale: «Padre – dice – vorrei sapere se è peccato ricevere armi in regalo». Il prete, allarmato, chiede di ripetergli la domanda: «Se mi regalano un’arma, posso accettarla? – chiarisce quello – Dicono che una signora va in giro nelle comunità rurali a regalare armi». Il sacerdote vuole sapere il nome della donna: «La signora Russia – risponde il parrocchiano – , dicono che sta dando le armi ai contadini».
Non si tratta di una barzelletta, ma di un fatto vero che padre Rutilio racconta nel libro di Claudia Fanti.
Un volume di storia e testimonianze sul ruolo della chiesa di base nei «movimenti popolari rivoluzionari» in Salvador a partire dagli anni ’60: gli anni della Teologia della liberazione. Gli anni di Camillo Torres, il sacerdote colombiano, morto combattendo nella guerriglia il 15 febbraio 1966, che moltissimi cattolici consideravano «il più altro esempio di lotta cristiana e rivoluzionaria in America latina». Molti preti ne seguirono l’esortazione – «il dovere di ogni cristiano è essere rivoluzionario» – e imbracciarono il fucile. Ancora oggi, in Colombia, nelle due formazioni guerrigliere (Farc ed Eln) ci sono sacerdoti con ruoli di rilievo (…)
Al centro del volume, la figura dell’arcivescovo Oscar Romero, ucciso ai piedi dell’altare il 24 marzo del 1980, ricostruita dalle testimonianze di chi, come Rutilio Sanchez, gli è stato più vicino. Rutilio, «prete rosso» della prima ora, ripercorre i passaggi della «conversione al popolo» di monsignor Romero, uomo di fiducia del Vaticano e dell’Opus Dei, accettato dalle oligarchie. Quando gli assegnano l’arcidiocesi di San Salvador, nel febbraio 1977, dapprima cerca di mettere in riga i preti ribelli che occupano le terre e le chiese insieme ai contadini. Ricorda loro che «il fine non gustifica i mezzi», ma non pronuncia una condanna definitiva. E poi si schiera: contro le repressioni di massa e l’impunità delle oligarchie. Apre un’inchiesta sull’omicidio del gesuita Rutilio Grande, chiude per tre giorni scuole e collegi, istituisce una commissione permanente in difesa dei diritti umani (…)
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Incontra i rappresentanti della guerriglia, e ne comprende gli ideali (…) E sceglie di ascoltare un’altra voce, quella semplice e disperata dei contadini che non sanno cosa sia la Russia, ma sanno di doversi difendere.
Nel Salvador di allora, i contadini sono chusma, contano meno di niente, la loro è una vita di stenti e senza aspettative. Il 70% dei bambini con meno di 5 anni è denutrito. Quasi la metà della popolazione non ha acqua potabile. È analfabeta al 42,9%. Nelle campagne sovrappopolate e in cui manca tutto, il numero dei disoccupati e sottoccupati resta fisso al 45%. E in quegli anni l’Orden, l’Organizzazione democratica nazionalista creata nel ’65 per garantire il controllo ideologico e militare contro «il comunismo», conta svariate migliaia di uomini in tutte le aree rurali del paese (…) Nel 1975, faranno la loro comparsa i primi squadroni della morte come la Falange (…) Il 10 ottobre 1980 viene costituito il Fronte Farabundo Marti per la liberazione nazionale che, il 10 gennaio 1981, inizia formalmente una guerra civile che durerà per 12 anni. Si scontra con un esercito di circa 50 mila uomini foraggiato e addestrato dagli Stati uniti.
In un territorio di appena 21 mila chilometri quadrati, senza grandi montagne e senza paesi amici confinanti, l’appoggio dei contadini sarà determinante: «le nostre montagne sono il popolo», affermava allora la guerriglia (…)
Sono ancora tanti gli omicidi impuniti come quello di Marianella Garcia Villas, grande collaboratrice di monsignor Romero, torturata e violentata dai sicari del battaglione Atlacatl a Suchitoto il 13 marzo dell’83. Aveva denunciato l’uso del Napalm, del fosforo bianco e altre armi chimiche da parte dell’esercito salvadoregno, addestrato dagli Usa alla scuola di tortura di Fort Knox. Un esercito esperto nelle tecniche antiguerriglia, quello salvadoregno, fondamentale nel laboratorio Salvador, in quel Centroamerica che gli Usa si tengono stretto. Per questo, il Salvador continua a mandare contingenti in Iraq; una nuova missione è stata votata ai primi di marzo (…)
Un quarto dei cittadini del piccolo ma sovrappopolato paese, vive negli Usa: sommato al resto dei 2 milioni e mezzo che in totale vivono all’estero, finanzia in modo consistente l’economia interna. Economia sottotutela.
Temi che la chiesa di base ha portato a Caracas l’estate scorsa, in occasione del 90° anniversario della nascita di mons. Romero. Un incontro che – nonostante l’ostilità delle gerarchie ecclesiastiche venezuelane – ha riunito cristiani, cattolici e protestanti provenienti dalla Spagna e da tutta l’America latina. Preti che lavorano nei barrios e nelle favelas, e che sono parte di quel «Socialismo del XXI secolo» di cui parlano Chávez, Morales e Correa.
Echeggiavano, in altra forma, le parole pronunciate da mons. Romero prima di morire: «I processi dei popoli sono molto originali. Dobbiamo rivalutare questa parola che tanta paura mi aveva fatto prima, la parola ‘rivoluzione’. Questa parolaporta molto vangelo dentro».
(Geraldina Colotti, da “Le monde diplomatique/il manifesto » marzo 2008. Riduzione & adattamento redazionali)